sabato 11 gennaio 2014

Bimbi sperduti

Posso oggi dire con orgoglio che noi eravamo bimbi sperduti. Nel senso che la nostra generazione ha sognato tanto. Ha sofferto e amato tanto. Vissuto tanto intensamente tutte le idee, i sentimenti, i sogni.
Il mondo dell'impalpabile era sottile in certi momenti e potente in altri.
La generazione che andava nelle case cosiddette "stregate", nei manicomi abbandonati per vedere cosa ci fosse e così via. Perché l'impalpabile, signori miei, non è mica così incorporeo e lontano come si crede!
Probabilmente ora non sentiremmo quello che sentimmo allora.
Vedremmo le cose da una prospettiva diversa. Più "matura", ci dicono.
Più arida, rispondiamo noi.
Molti di quelli che conoscevo (grazie a Dio non troppi per i miei gusti) ora sono più "maturi".
Vedono le cose per come sono. Loro adesso hanno smesso di sognare. Vivono nella realtà.
Nessuno è davvero leale o pronto a sacrificarsi per te. Le cose stanno così, non si possono cambiare. E tu cosa vorresti fare?! Pensa piuttosto a te stesso, poi semmai...fra i due mali scelgo il minore. Va bene amici, ma ora....
La relatà dicono. Noi viviamo nella realtà.
Io no. E questo non perché disdegni la realtà. Anzi a me La Realtà in buona misura piace. Non quella realtà. Non la realtà emotiva che spacciano queste persone. Quella no. A me piace la reale realtà.
La reale realtà la trovo luminosa e colorata e solida e profumata; adoro l'odore della notte. Specie quando fa un freddo gelido, vedi il tuo fiato e l'aria ha un profumo ghiacciato e fa pensare a nevi perenni che non credo riuscirò a visitare se non con la mente.
Ma contemporaneamente, eccola lì. Quella sottilità. La sensazione improvvisa che in quell'aria non sia tu l'unica a respirare. Di non essere sola. Quel battito impercettibile del cuore, lo stomaco che si stringe e l'anima (ma è lei?!) che si apre all'aspettativa ed all'emozione! Poi un respiro enorme. L'idea di respirare per due. Un attimo....
Ed eccoci di nuovo in terrazza da soli; perché ora siamo soli; ma per un attimo eravamo in due almeno.
Coscienza collettiva?! Contatto di qualche tipo?! Che importa?! Sorridi e questo è bello.
L'aria della realtà è altrettanto bella e profumata di quella di quel qualcosa. Che cosa cambia?!
Ah, sì, direte. Quella non è stata reale.
Reale è il respiro che esce fumando dalla tua bocca, la ringhiera fredda, la strada vuota e l'assenza di rumori perché di notte, santo Iddio, si dorme!!! Che ci fai affacciata alla terrazza al freddo se nemmeno fumi più?! Ma che sei grulla che ti prendi una polmonite!
Va bene, va bene. Rientriamo, tanto le sottilità sono dove meno te l'aspetti.
Da ragazzi c'erano posti "speciali", dove le cose sembravano diverse da quello che erano. La consistenza sembrava diversa. I rumori amplificati a mille.
Naturalmente questo ci divertiva e ci spaventava. Ma la paura cede presto il posto alla curiosità e quindi...suvvia, la fantasia non riesci mica a nasconderla, a dissuaderla dal far capolino ogni cinque minuti! Eh no! E poi ha pure un caratteraccio. E' prepotente, insistente ed'altra parte ha il suo fascino, siamo sinceri. Perciò come ignorare la Fantasia?!
Insomma smettere di sognare era difficile. E poi, chi lo voleva?! Nessuno in quel momento. Nessuno di noi voleva smettere di immaginare.
E allora era importante e bello stare tutti insieme.
Facevamo le grigliate, la ciccia comprata con collettoni improbabili di "paga della settimana" molto più improbabile.
Ebbene sì, a 18 anni avevi la settimana. Chi più o meno cospicua; chi lavorava più cospicua ovviamente.
A 18 anni avevi il cellulare sì, quello che costava il giusto, tanto ti serve per telefonare, anche perché altro non ci potevi fare. E tieniti stretta la ricarica, perché la frase più comune era "l'hai già finiti?! E a chi devi telefonare?!".
A chi! Eravamo una dozzina! Organizzare una cena era tutto un "allora lo fai te?! Per quello sento lui poi ti richiamo. Lui non ce la fa, chiami te l'altro?! Ah devi chiamare lui?! Allora niente dai chiamo io. Lei chi la va a prendere?! Eh figurati se non andava lui, l'imbroccone".
E in quel momento pensavi "sia benedetto il telefono fisso a casa...."
Il motorino?! Il motorino lo dovevi tenere come fosse ORO. No, dico, io avevo un sì, comprato usato, probabilmente in fin di vita, che macinava chilometri su chilometri, spesso con qualcuno dietro, a cui facevo il pieno con i soldi che ogni tanto mi dava il babbo di nascosto.La mamma era più.... mamma. E vedeva tutto; quindi vedeva anche quello, ma lasciava fare.
Ho scoperto negli anni che manca poco sapeva cosa pensavamo io e mia sorella...anzi senza il manca poco. Quando tua madre risponde alle tue obiezioni prima che tu le faccia, l'unico sentimento che provi è la paura. Occhi sgranati e silenzio reverenziale in cucina. Mamma che ti guarda come dire:  "ora tu sai che io so e io so che tu sai che io lo so. Sallo".
Per fortuna dal punto di vista "amici" in casa nostra vigeva il concetto: "amici = figli adottivi, e come tali verrete nutriti, considerati e, ahimè, trattati. A vostro rischio e pericolo. Fate vobis".
In media almeno cinque-sei persone viaggiavano regolarmente in casa nostra. I "residenti". Come l'Amanda che negli anni era diventata figlia onoraria. Sedeva accanto alla mamma (beccandosi pure ogni tanto lo scappellotto di rito), la chiamava per nome e a volte pure mamma Carla e andava benissimo così.
La Gaia anche lei adottata sulla nave Beritelli, mamma Carla al timone, e soprattutto alla cucina ed al comando. Era la Mamma e quindi....aaaa-ttenti!!! :D
Poi Stefano. L'Inno. Era più grande di mio padre. Ed era l'unico che chiamava mia madre Carlina.
Penso che lui non si sia mai in pieno reso conto cosa voleva dire il fatto che mia madre glielo permettesse. Perché naturalmente non ha mai capito che era una concessione che esprimeva un grande affetto. Un affetto che riservava a pochi. Spero che alla fine se ne sia accorto.
Poi più o meno i fluttuanti, i fidanzati ovviamente, fagocitati dalla famiglia, ma sempre sotto l'attento occhio dei miei genitori, di cui loro non si rendevano conto ma noi figlie sì. Ovviamente ci siamo sempre ben guardate dal dirglielo. Inutile creare panico fra la folla.
Eh sì.
Gli amici storici miei e di mia sorella, che riempivano la casa di voci, risate e pettegolezzi. Tutto sotto il bene placido dei miei che erano contenti di avere tutti questi "disgraziati che non siete altro" come ci definiva sorridendo la mamma. Che spettegolava con noi, tanto per esser chiari.
Ho delle foto bellissime. Ragazzi di 20 anni che giocano a carte coi miei. Mia madre che fa le faccine mentre io faccio le foto. Cene con rigoroso bicchiere di vino rosso, pena l'allontanamento dal tavolo. Mio padre che prepara la grigliata in casa. Foto che ricordano vecchi dipinti in cui sono ritratti: Padrone di casa, Padrona di casa, cani (2), gatto e una decina di figlioli. Due somiglianti gli altri...l'adozione non sempre prevede somiglianza. Nell'angolo la credenza, in secondo piano il tavolo di cui sopra con i calici di vino. La cucina economica...
E soprattutto.
Sì. Avete indovinato.
Soprattutto il Caffè.
Capite perché il caffè è ovunque?!
A qualsiasi ora, per qualsiasi persona, il caffè veniva considerato la prima cosa da fare.
Ho avuto amici che alle quattro staccavano da lavoro e passavano a prendere il caffè. Mio padre si alzava alle tre per lavorare. Io sono un insonne da sempre. Ero sveglia sempre fino almeno alle cinque e questo era noto a tutti. Alle tre facevo il caffè per il babbo, lo bevevo con lui e, a volte, alle quattro mi toccava rifarlo. Alle cinque andavo a dormire, alle sette si svegliava mia mamma e via così. Per fortuna i caffeomani delle quattro venivano solo previo permesso paterno per via telefonica. Altrimenti avremmo dovuto rilevare il Manaresi.
Quando eravamo tutti in casa a chiacchiera penso che almeno quattro macchinette da caffè andassero via.
E tutti ci sentivamo speciali. E lo eravamo.
Lo eravamo ai nostri occhi e lo eravamo anche agli occhi dei miei genitori, che facevano di tutto per farcelo capire. E parlando con i miei amici ci sono evidentemente riusciti. Perché tutti si ricordano i loro modi di fare e come erano accolti in casa, non come ospiti, ma come altri bimbi.
Bimbi sperduti, a cui poco bastava per essere qualcos'altro, da qualche altra parte. più di quello che erano, meno di quello che sarebbero diventati. Fra le persone che frequentavano allora casa mia pochissime non solo non l'hanno più frequentata, ma si sono allontanati completamente da noi.
Magari per causa loro. Per causa nostra. Chissà. A volte le cose vanno come devono andare, come diceva il Beritelli mio padre.
Le cose spesso vanno come devono andare; nostro malgrado.
Quello che importa è che loro siano felici. Ma sono contenta che il "nocciolo duro" abbia resistito attraverso gli anni, attraverso la sparizione dei miei genitori, attraverso le vicissitudini e le onde alte che la vita ci scaglia addosso ogni tanto.
Il nocciolo duro è rimasto. Uno solo manca e, anche se insisto che importa che sia felice, voglio solo dire che mi manca tantissimo. E che se mai leggesse questo post spero si renda conto che mi riferisco a lui. Mi è davvero mancato tanto.
Ma andiamo avanti!
La cosa bella dei bimbi sperduti è che non si perdono veramente mai. Prima o poi si ritrovano sempre. Perché i bimbi sperduti hanno qualcosa che li lega indelebilmente. Qualcosa che nemmeno loro sanno di avere, o che sanno di avere ma non sanno cosa sia.
Come giri e rigiri la vita, prima o poi si ritrovano. Hanno un comune cordone ombelicale che non li separa mai del tutto. Io non ho visto alcune persone per anni. Eppure quando hanno suonato alla porta di casa, ugualmente hanno trovato il caffè sul fuoco. Casa è per sempre. Almeno per chi la considerava realmente tale.
Tutti quelli che hanno avuto bisogno nonostante fossero anni in cui magari nessun contatto era avvenuto, alla fine hanno sempre ritrovato la via di casa.
Voglio dire a tutti i bimbi sperduti che il caffè è sempre sul fuoco, a meno che non vogliano il decaffeinato. Per quello non ci siamo ancora attrezzati.
Ma se ve lo volete portare ho talmente tante caffettiere in casa mia che una la troveremo.
E' questo che sono i bimbi sperduti. Una famiglia che è sempre pronta per esserlo. La consapevolezza che quelli che hanno continuato a sognare non vengono allontanati da quelli che hanno deciso di smettere. Che si nutrono di fantasia, fantascienza, stupidaggine, figli con cui possono giocare perché ancora abbastanza bambini, disegni, risate, starnazzate a volte, piccole cattiverie che ovviamente vengono dette all'interessato senza pietà.
Insomma una miscela di inchiostro, pensiero, suoni di risate, sarcasmo, affermazioni dissacranti a volte (siamo fiorentini, sperduti, ma fiorentini) fantasia e voglia di vivere e stare insieme.
E sempre caffè caffè caffè e ancora caffè.
Credo che il mio sangue ormai ne abbia il colore e l'aroma. E il vostro?!
Se siete bimbi sperduti...poco ma sicuro!

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